Con il termine orientamento sessuale si indica l’attrazione emozionale, romantica e/o sessuale di una persona verso individui dello stesso sesso, di sesso opposto o entrambi. Il termine “orientamento” si riferisce proprio alla direzione di un interesse, la quale non è dettata da una “scelta” azionale, ma è guidata dalle emozioni e dall’attrazione.
Dobbiamo, però, anche tenere presente che l’attrazione sessuale per un maschio o una femmina non è necessariamente qualcosa da avvertire in modo stabile durante il nostro sviluppo e le nostre esperienze. Può essere del tutto normale, infatti, provare interesse, avere fantasie e fare sogni, avere una vicinanza intima e affettiva con persone dello stesso sesso per un periodo, più o meno breve, ma accorgersi di non essere omosessuale o bisessuale. In queste occasioni, se dovessero accadere, può essere utile darsi un tempo per approfondire la “direzione” e l’intensità dei nostri interessi, che sono, in ogni caso, del tutto naturali.
Qual è la differenza tra una persona eterosessuale, omosessuale e bisessuale?
Chi è principalmente o esclusivamente attratto dal sesso opposto è definito eterosessuale, chi è principalmente o esclusivamente attratto da persone del proprio sesso è definito omosessuale e chi invece sente il proprio interesse molto forte sia verso gli uomini che verso le donne, è detto bisessuale. Dunque ciò che differenzia queste tre categorie è semplicemente l’attrazione nei confronti di persone del proprio sesso o del sesso opposto o entrambe, ma non esiste nessun’altra differenza specifica.
L’omosessualità è una malattia?
Assolutamente no! Spesso si pensa che l’omosessualità sia una malattia da cui si deve “guarire” o che le persone gay e lesbiche non siano “normali”. L’omosessualità non è una malattia, ma una delle possibili espressioni della sessualità. Spesso i messaggi culturali trasmettono più o meno esplicitamente l’idea che l’eterosessualità sia l’unica forma di sessualità sana esistente, come se essere eterosessuali sia più “giusto”, più sano, quasi scontato. È molto comune, ad esempio, che un maschio riceva da amici e parenti la tipica domanda “hai la fidanzata?” e viceversa una femmina. Questi messaggi ci portano a pensare che l’omosessualità sia una malattia e, sebbene la scienza abbia documentato ampiamente il contrario, le persone gay e lesbiche possono sentirsi “diverse” e cercare delle “cure” per guarire dall’omosessualità. Le terapie che si propongono di effettuare questo tipo di cure (chiamate terapie riparative) non hanno nessun fondamento scientifico, non sono efficaci (proprio perché l’omosessualità non è una malattia) e talvolta aumentano i sentimenti negativi che la persona prova nei confronti della propria omosessualità.
Come “capisco” se sono omosessuale?
Allo stesso modo di come “si capisce” di essere eterosessuali: quando si provano sentimenti di amore o forte attrazione fisica per una persona che però è del proprio sesso. Per poterci definire gay o lesbiche è importante capire l’intensità di questi sentimenti e dell’attrazione e distinguere le fantasie sessuali dai desideri reali. Avere delle fantasie omosessuali è piuttosto comune anche per le persone eterosessuali, specie durante il periodo dell’adolescenza e tra le ragazze. La presenza di questo tipo di fantasie non indica necessariamente essere gay, ma può comunque farci sentire confusi e disorientati.
Se ho un rapporto sessuale con una persona del mio stesso sesso, sono omosessuale?
Soprattutto in età adolescenziale, si può avere voglia di sperimentarsi, mettere in pratica delle fantasie, provare ad avere diversi tipi di esperienze sessuali. Questo non vuol dire essere omosessuali: avere un orientamento omosessuale vuol dire essere attratti sessualmente e affettivamente da persone del nostro stesso sesso in modo stabile nel tempo, perciò avere fantasie o un rapporto omosessuale spesso non è sufficiente per potersi definire gay o lesbica.
Se sono gay o lesbica lo devo dire a qualcuno?
Non siamo obbligati a parlare della nostra omosessualità se non ne sentiamo la necessità o abbiamo paura. Possiamo decidere a chi dirlo e a chi no, in base alle persone di cui ci fidiamo o al contesto in cui ci troviamo.
Fare coming out non è semplice, soprattutto all’inizio, e talvolta può risultare più facile rivelare la propria omosessualità ad un amico piuttosto che ai propri genitori. È normale avere timore della reazione dell’altro o di non essere accettati o addirittura rifiutati e giudicati. Prenditi il tuo tempo, rifletti sulle motivazioni che ti spingono a nascondere o a non rivelare il tuo orientamento sessuale e sentiti libero di parlarne con chi ti trovi a tuo agio e quando ti senti pronto. Non sempre le reazioni dell’altro sono quelle che ci aspettiamo, ma che sia un genitore o un amico a ricevere questa informazione, offri anche alla persona che hai di fronte il tempo di “elaborare” la novità: una prima reazione di sorpresa non corrisponde necessariamente ad un atteggiamento negativo e non è detto che si protrarrà nel tempo.
Qual è la differenza tra “coming out” e outing?
Molto spesso questi due termini vengono confusi. Il coming out si riferisce all’atto volontario e spontaneo di una persona di rivelare il proprio orientamento sessuale (omosessuale o bisessuale) ad altri individui. L’outing invece avviene quando qualcuno rivela a terzi l’orientamento sessuale di un’altra persona, spesso a insaputa e senza il consenso di quest’ultima. Il coming out può essere considerato un atto di consapevolezza attraverso il quale la persona gay o lesbica decide di esprimere una parte di sé, invece fare outing costituisce una vera e propria violazione della privacy e può causare situazioni molto spiacevoli.
Perché le persone gay sono effemminate e le lesbiche sono mascoline?
È un errore comune confondere l’identità di genere (cioè il sentirsi appartenenti a un genere piuttosto che a un altro, indipendentemente dal sesso biologico di nascita) con l’orientamento sessuale.
Molto spesso quando una persona non rispecchia i canoni rigidi di mascolinità e femminilità imposti dalla società si pensa che questa sia omosessuale. Le ragazze con i capelli corti o atteggiamenti poco “femminili” e i ragazzi con movenze delicate o una voce poco “virile” vengono quindi automaticamente “etichettati” come lesbiche e gay, ma in realtà avere atteggiamenti più vicini a quelli tipici di un altro sesso o di un altro genere non vuol dire affatto essere omosessuali.
Sebbene queste siano le immagini più diffuse associate alle persone lesbiche e gay, esse costituiscono semplicemente famosi stereotipi che non hanno nulla a che vedere con la realtà: molte persone omosessuali “non sembrano” gay proprio perché rispettano invece le caratteristiche tipiche del proprio genere richieste dalla società.
Se un amico gay si innamora di me come mi devo comportare?
Allo stesso modo di come ti comporteresti se una persona del sesso opposto si innamorasse di te: se non ricambi il suo interesse, è importante essere chiari e spiegare che questi sentimenti non sono corrisposti, cercando di rispettare e non ferire la persona che si ha di fronte. Non occorre esprimere il rifiuto con atteggiamenti aggressivi o offese per manifestare o “dimostrare” la propria eterosessualità.
E se un mio genitore “diventa” gay?
La percezione o la consapevolezza del proprio orientamento sessuale in alcuni casi può “variare” nel tempo e anche da adulti si può scoprire di essere attratti da persone del proprio sesso. Questo non perché una persona possa diventare da eterosessuale ad omosessuale e viceversa, ma perché per diversi fattori di vita (maggiore capacità di ascoltarsi, di conoscere se stessi, di esprimersi) alcune persone riescono a mettere in evidenza un orientamento sessuale diverso da quello che hanno sempre manifestato anche in età più adulta.
Quando un genitore fa coming out può essere inizialmente difficile accettare il cambiamento, ci possiamo sentire confusi o arrabbiati e talvolta temiamo che mamma o papà ci abbiano mentito per molto tempo. È normale sentirsi in difficoltà, ma avere un atteggiamento di chiusura o non esprimere i propri sentimenti e le proprie paure può rischiare di alimentare dubbi ed emozioni negative e creare un muro tra noi e il genitore in questione. Parlare apertamente potrà invece aiutarci ad accettare con maggiore serenità il cambiamento e capire meglio fargli fronte.
Che cos’è l’omofobia?
Il termine “omofobia”, poiché al suo interno contiene proprio la parola “fobia”, può fare pensare erroneamente ad un atteggiamento di evitamento o paura nei confronti delle persone omosessuali. In realtà l’omofobia comprende tutti quegli atteggiamenti che esprimono avversione verso le persone gay e lesbiche e possono essere più o meno espliciti. Il bullismo omofobico, ad esempio, si riferisce agli scherni, agli insulti e ai comportamenti aggressivi messi in atto verso le persone omosessuali ed è un fenomeno molto diffuso nel contesto scolastico. Tuttavia anche i messaggi o il silenzio dei mass media verso le persone e le tematiche LGBT (lesbiche, gay, bisessuali, transessuali), il mancato riconoscimento di diritti civili, quali ad esempio il matrimonio, il disinteresse o il fastidio espresso attraverso frasi molto comuni (“i gay possono fare quello che vogliono, ma non si devono avvicinare a me o baciarsi in pubblico”) sono scientificamente riconosciuti come atteggiamenti omofobici, sebbene siano meno espliciti rispetto ai comportamenti aggressivi. Crescere in società o contesti familiari con alti livelli di omofobia può far sì che le persone omosessuali stesse “interiorizzino” l’omofobia, cioè sviluppino dei sentimenti di repulsione, disgusto o non accettazione della propria omosessualità.
Le persone omosessuali possono avere figli?
La fertilità di un individuo e la possibilità di essere genitore non dipendono dall’orientamento sessuale. Da alcuni anni è acceso il dibattito nel mondo occidentale per riconoscere alle coppie omosessuali il diritto alla genitorialità e in diversi paesi già da tempo esistono legislazioni che permettono a queste coppie di intraprendere percorsi per diventare genitori, ad esempio attraverso l’adozione o altre tecniche specifiche. Nei paesi in cui invece tale diritto non viene concesso, come l’Italia, si assiste spesso a discussioni a livello mediatico e politico circa le capacità delle persone gay e lesbiche di crescere figli. Gli studi scientifici hanno ampiamente dimostrato che i genitori omosessuali hanno la stessa probabilità di quelli eterosessuali di fornire ai loro figli un ambiente di crescita sano e un normale sviluppo fisico e psicologico. Nessuno studio scientifico ha riscontrato che l’orientamento sessuale dei genitori sia dannoso o pericoloso per la crescita dei figli.
Se sono gay devo chiedere aiuto a uno psicologo?
Se hai difficoltà nel rivelare ad amici e parenti la tua omosessualità, se ti senti “diverso” o gli altri ti fanno sentire tale, se sei stato o sei attualmente vittima di bullismo omofobico, se accettare di essere omosessuale ti sembra impossibile o se senti di avere delle altre difficoltà (con amici o genitori, a scuola ecc.) che non riesci ad affrontare, chiedi aiuto! Lo psicologo ti potrebbe aiutare nel far fonte a queste difficoltà, ma diffida dalle terapie che promettono di cambiare il tuo orientamento sessuale